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Dipendenza, alienazione, aggressività, progressiva perdita della capacità di concentrazione, della memoria, della capacità dialettica, disturbi muscolo scheletrici.

Si tratta solo di alcune caratteristiche descritte dalla comunità scientifica internazionale riguardanti gli effetti che l’uso di smartphone e videogiochi determinano nei giovani.

Sono meticolosamente riportati in un documento, relatore il senatore Andrea Cangini, approvato dalla commissione istruzione del Senato appena un anno fa.

Di sicuro il neoministro dell’istruzione deve averlo letto con attenzione se, come è accaduto, ha emanato una circolare nella quale impegna le scuole a vietare l’uso dei telefoni cellulari in classe.

Un gesto coraggioso a prima vista perché largamente impopolare che cozza con l’immagine di un governo che si sforza di piacere a tanti strizzando l’occhio agli evasori della porta affianco o mostrando i muscoli verso i percettori del reddito di cittadinanza (se lo chiamassimo di sopravvivenza sarebbe più comprensibile).

Comunque, e da qualsiasi parte lo si osservi si tratta di un gesto sensato e motivato da evidenze scientifiche inoppugnabili e dalla desolante sensazione che si prova tutti i giorni nell’osservare una giornata di lezione in una qualsiasi classe italiana. Con rarissime eccezioni che purtroppo essendo tali non generano virtuosi processi di imitazione nelle scuole italiane l’uso costante dello smartphone è diventato un’appendice essenziale.

Va chiarito bene: per tutti e quando scrivo tutti intendo anche i docenti.

L’iniziativa del ministro va quindi inquadrata in una meritoria chiamata alla corresponsabilità del personale scolastico nei riguardi di un processo che ha generato in Giappone il fenomeno “hikikomori”, alla lettera” lo stare in disparte” per un milione (!) di tra i 12 ed i 25 anni che ormai sono completamente ai margini della società, rinchiusi in spazi angusti ma costantemente connessi ad un mondo che non esiste, zombi viventi ed isolati.

Se il nostro cervello si sviluppa in base all’uso che se ne fa proprio come un muscolo la neuroplasticità ne viene profondamente compromessa nelle fasi di crescita iniziali. È un fatto incontrovertibile con conseguenze disastrose: la progressiva perdita di facoltà intellettive dei nostri giovani più deboli.

Tuttavia, al lodevole intervento del ministro dovrebbe fare da contraltare una necessaria azione sanzionatoria ed un supporto psicologico adeguato.

Senza sanzioni che potrebbero avere anche un risvolto sociale se riversate su attività formative e senza prevedere un sostegno psicologico per le situazioni più delicate il rischio di un flop clamoroso è dietro l’angolo.

La strada è giusta ma l’impegno è gravoso. Un cimento che andrà condiviso con tutte le categorie della scuola e con le famiglie.

In gioco è il futuro dei nostri figli e nipoti e mai come in queste circostanze la sensazione di dover mettere da parte schieramenti partitici e demagogiche posizioni ideologiche è necessario.

Speriamo accada.

Antonio Nocchetti