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La scuola italiana in questi giorni è attraversata da una altra bufera destinata a lasciare il segno: la gigantesca bocciatura dei candidati al concorso nazionale per l’insegnamento in diverse discipline.

Le percentuali riportate ci consegnano un quadro di totale inadeguatezza ed impreparazione di candidati che spesso sono già in cattedra da tempo.

Oltre il 90% di bocciati alla prova scritta ed in alcune classi di concorso ancora di più rappresentano un dato da considerare con attenzione.

Dopo aver ricordato che nella pubblica amministrazione la prova scritta rappresenta un requisito essenziale per il raggiungimento dell’agognato risultato, il posto fisso a tempo indeterminato, qualche ulteriore riflessione va fatta.

Sono legittime le critiche degli insegnanti e dei sindacati che hanno bollato la prova come un quiz televisivo privo di ogni valore ed inadeguato al loro obiettivo di selezione?

Sono critiche mosse dalla delusione, dalla frustrazione per un clamoroso insuccesso o piuttosto frutto della scelta di un percorso di preparazione all’esame errato?

Sono domande che troveranno difficilmente una risposta univoca.

Lo sanno bene gli studenti bocciati che si confrontano con il dilemma di sempre: ho studiato poco, male, poco e male?

Eppure, da anni esistono molteplici segnali che indicano, in alcuni concorsi, percentuali di bocciati altissime e percorsi di studio molto faticosi da parte dei protagonisti.

Un esempio eclatante è proprio il concorso di ingresso alla facoltà di medicina che vede ogni anno decine di migliaia di studenti confrontarsi con un insuccesso costante e frustrante.

O del concorso per l’accesso alla carriera di magistrato o quello di abilitazione alla professione di avvocato.

I più anziani ricorderanno anche di un ministro dell’istruzione, la Gelmini, che emigrò nel profondo Sud per guadagnarsi un’abilitazione irraggiungibile in Lombardia dove risiedeva.

Insomma, i concorsi da sempre rappresentano un terreno scivoloso per chi vi partecipa, quello che non è chiaro è se “questa “prova rappresenti un ulteriore esempio della sciatteria che spesso contraddistingue il nostro paese o piuttosto il segnale di un decadimento culturale progressivo.

Inquieta e non poco il fatto che molti degli aspiranti insegnanti sonoramente bocciati facciano già, e da anni, gli insegnanti.

Cosa e come lo facciano non è dato saperlo. Interrogarsi però oggi è un tema ineludibile.

Un dato certo e confermato da questo sconcertante risultato è che i nostri alunni non sono affidati sempre in buone mani.

Delle due l’una, o sono ignoranti gli aspiranti professori o sono sbagliati i quiz e quelli che li preparano non sono all’altezza.

In entrambi i casi siamo di fronte ad una clamorosa deriva formativa.

Le squadre di calcio professioniste italiane più forti hanno nelle loro fila una schiacciante maggioranza di giocatori stranieri, forse presto ci troveremo anche ad invocare di assumere nella scuola italiana professori stranieri per mantenere livelli adeguati di istruzione. L’alternativa, anche se poco probabile, è che chi ha sbagliato a preparare le prove lo ammetta apertamente.

Da questo bivio in altri modi non se ne esce.

Piaccia o meno al ministro o ai sindacati della scuola.

Perché la scuola, non lo dimentichi nessuno, o è di qualità e per tutti o non è la scuola della repubblica italiana.

Antonio Nocchetti