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“Non so con quali armi si combatterà la terza guerra mondiale, ma la quarta si: con bastoni e pietre” (A. Einstein).

“La spesa in armi è uno scandalo: non è una scelta neutrale “ (papa Francesco).

Quando in futuro qualche studioso proverà a inserire in un elenco le persone che hanno, in ambiti diversi, caratterizzato ed influenzato i secoli XXI e XX probabilmente troveranno anche uno spazio per Albert Einstein e per papa Francesco.

Due uomini profondamente diversi, vissuti in epoche storiche distanti che appaiono improvvisamente diventare molto simili tra loro. Con un minimo denominatore all’apparenza assurdo ma terribilmente reale: la guerra.

Nonostante papa Francesco più volte e da anni denunci la presenza ai nostri giorni di una guerra mondiale a pezzi, combattuta a fasi alterne in varie parti del mondo, nell’indifferenza di tanti.

Con la invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin le parole di Bergoglio acquistano una luce diversa, diventano prime pagine dei giornali e oggetto di attenzione da parte di larga parte del mondo della comunicazione. Ha ragione il professor Calise sulle colonne del Mattino quando celebra in Zelensky il vincitore della prima guerra mediatica del terzo millennio ma forse lo sforzo che ci è richiesto di fare è ancora un altro.

Si tratta di uno sforzo decisivo perché è troppo serio il tempo che stiamo vivendo.

Mentre la guerra sembra entrare nelle case di tutto il mondo occidentale i suoi governi si attrezzano a combatterla rilanciando temi ed argomenti quantomeno discutibili.

Sin dalle prime ore della brutale ed assassina invasione di uno stato sovrano come l’Ucraina è apparso chiaro a tanti che il maggior rischio fosse quello di scongiurare una escalation che volgesse all’utilizzo di armi nucleari ed alla lucida profezia di Einstein.

In fondo se la Russia non ne possedesse in gran numero, la reazione alla guerra da parte dell’Europa sarebbe stata diversa. La paura del “contagio” nucleare ha rappresentato e rappresenta il filo conduttore di tutte le strategie diplomatiche che i potenti della terra stanno adottando.

Sembra chiaro ormai a tutti che il vicolo cieco nel quale l’umanità si sta cacciando sia proprio la presenza di questi strumenti di morte. Se non ci fossero vittime e dolori insanabili le immagini delle difese costruite con le mani ed i sacchetti di sabbia sulla spiaggia di Odessa potrebbero rappresentare una scenografia romantica di un film del secolo scorso. Purtroppo, non è così e la minaccia nucleare continua ad aleggiare sull’Ucraina quasi a dimostrare che il peggio deve e può ancora venire.

In questo contesto nessuna può meravigliarsi se la Germania sceglie di dedicare 100 miliardi di euro alle spese per armamenti ed all’acquisto degli aerei sofisticatissimi capaci di trasportare testate nucleari e l’Italia la rincorre senza ripensamenti.

Perché sorprendersi ancora se il ministro degli esteri dell’UE Borrell si compiace della accelerazione nella definizione della “bussola strategica” con la creazione di un corpo militare attrezzato di 5000 soldati.

Incuranti della tragedia (le armi nucleari di un paese aggressore) ci si consola attrezzandosi allo sterminio di tutti. Faccio fatica a comprendere quale effetto deterrente potrebbe avere la consapevolezza di aver impiegato altri miliardi di euro per rinforzare gli armamenti se, al cospetto di una guerra cinica e sanguinosa come quella a cui stiamo assistendo, tutti si premurano di non utilizzarli.

Forse è un tema da riservare alla psichiatria e non alla politica.

Lo spettro delle armi termobariche, di quelle chimiche o batteriologiche sembra fare ombra a quello che è il fondamento e la madre di tutte le armi: quella nucleare.

Eppure, in nessuno di questi formidabili strateghi della pace perduta sembra insinuarsi il dubbio che la ripresa della corsa agli armamenti sia proprio il viatico ideale per sprofondare ancora di più nell’incubo della guerra.

È sano chiedere ragione dei motivi che hanno reso distratte le grandi potenze dal perseguire la riduzione delle testate nucleari in tutto il pianeta?

È un’utopia il disarmo nucleare generalizzato?

È un pensiero da riservare solo ad un grande scienziato del secolo scorso o ad un prete un po’ fuori dal comune?

Sì, probabilmente lo è ma di sicuro dovrà essere la strada maestra da seguire in futuro.

Se ci sarà un futuro.

Nel frattempo, dovremo accontentarci di vedere destinare denaro ed investimenti proprio nella direzione folle e suicida delle armi.

Senza ripensamenti e riflessioni.

Come se niente fosse accaduto o stesse accadendo.

Antonio Nocchetti