Cristiana 17 anni, Valeria, 18 e Francesco, 14 sono tre dei quasi 100 alunni disabili che non usufruiscono più del servizio di trasporto scolastico gestito dalla azienda municipalizzata “Napoli sociale”. Dall’inizio dell’anno, tranne una parentesi di poche decine di giorni, il servizio è pressoché assente con buona pace delle famiglie e del diritto allo studio di questi ragazzi. La storia di questa municipalizzata è paradigmatica delle pesanti eredità che la giunta de Magistris ha ricevuto dalle amministrazioni di centrosinistra, ma getta ombre inquietanti sulle capacità gestionali di quella attuale. Eppure i costi di gestione annuali di “Napoli sociale”, oltre 12 milioni, assorbono gran parte delle risicate risorse che il Comune dedica alle politiche sociali già falcidiate dalle scelte di risparmio dei governi centrali. Dodici milioni l’anno per il servizio di trasporto scolastico offerto a quasi 100 studenti e per il delicato compito di assistentato materiale per un numero indeterminato di alunni disabili a scuola rappresentano una cifra da guardare con grande rispetto.

Cosa stia accadendo in questi mesi è purtroppo la ripetizione di quello che avevamo osservato e duramente criticato negli anni della amministrazione Iervolino.

Interruzioni continue del servizio, assemblee sindacali rigorosamente in orari tali da arrecare disagi agli utenti, che, ricordiamo sono tutti bambini disabili, fanno da cornice ai volenterosi tentativi dell’assessorato competente.

Purtroppo a Cristiana, Valeria, Francesco della buona volontà di un amministratore non importa nulla. Purtroppo ai loro “privilegiati” genitori, come potremmo definire diversamente le 100 famiglie su circa 12.000 disabili che frequentano le scuole a Napoli, non importa granché se sono costrette tutti i giorni a cercare un modo per mandare a scuola i loro figli. Quello che accade poi nelle scuole sprovviste dagli assistenti materiali è la penosa ripetizione di antiche situazioni: bambini sporchi di pipì che non vengono accuditi o che non riescono a consumare una merendina.

Antonio Nocchetti