Corriere del Mezzogiorno – 26/03/2010

Se l’Italia fosse un paese normale, retto da istituzioni distinte nei poteri ed indipendenti nelle prassi, la sentenza numero 80 emanata dalla Corte Costituzionale nel mese di febbraio riguardante gli organici di sostegno per gli alunni disabili sarebbe destinata a determinare uno stravolgimento totale della scuola dell’integrazione.
In sintesi i giudici della suprema corte hanno riconosciuto la incostituzionalità dei commi 413 e 414 della legge finanziaria 2008 che fissava un tetto massimo nel numero di insegnanti di sostegno e aboliva le deroghe in situazioni di particolare gravità del minore disabile.
Se vivessimo in un paese normale avremmo assistito ad un ministro dell’istruzione che, turbato da un pronunciamento così netto della Corte Costituzionale che evidenzia la violazione dell’articolo 3 della Costituzione, immediatamente sarebbe corso ai ripari emanando una nuova ordinanza per la definizione degli organici degli insegnanti di sostegno.
Sempre, in un paese retto da una solida democrazia, ci saremmo aspettati una pronta convocazione da parte del ministro in questione e del plenipotenziario ministro Tremonti di una conferenza stampa in cui avrebbe chiesto scusa ai genitori degli oltre 190000 alunni disabili per il disagio arrecato in questi due anni ai loro figli.
Magari per non far mancare sapore ad una insipida campagna elettorale la Gelmini e Tremonti avrebbero potuto, senza sbagliare(!), invocare a loro discolpa per questa violazione di un diritto costituzionale, la corresponsabilità del precedente governo di centro sinistra.
Cosa è invece accaduto e cosa accadrà è purtroppo, in un paese che normale non è, sotto gli occhi di tutti: niente.
Questo significa che dal prossimo anno scolastico i nostri bambini disabili si troveranno in classi mediamente più affollate e con un numero anche di 3 o 4 alunni disabili per classe.
Quanto sia impossibile in tali condizioni realizzare l’integrazione scolastica soprattutto alla luce di quanto evidenziato dal rapporto Invalsi del 2006 sulla scadente formazione degli insegnanti curricolari e dei dirigenti scolastici (meno del 30% risultava essere in possesso di requisiti formativi sufficienti) è evidente anche a un bambino.
A rendere ancora più precaria la qualità del tempo scuola per i bambini disabili italiani che frequentano per oltre il 96% la scuola pubblica, rimangono questioni antiche e, colpevolmente irrisolte, come quella concernente l’assistenza igienica di essi.
Risale infatti all’epoca ministro Letizia Moratti la norma che affidava questi compiti ai collaboratori scolastici a patto che essi abbiano “volontariamente” frequentato corsi di formazione; in altri termini se, come spesso accade, in una scuola non ci sono bidelli specializzati, fare pipì o mangiare una merenda per un bambino disabile è praticamente impossibile.
Pur consapevoli dei gravosi impegni che affliggono gli oltre 900 parlamentari italiani rimaniamo sempre stupefatti della loro incapacità ad occuparsi di vicende come quella suddetta.
A complicare la vita ai bambini disabili dal prossimo anno sarà la ormai nota impossibilità da parte delle scuole pubbliche a nominare i supplenti per la devastante situazione finanziaria della istruzione pubblica.
Chiunque può intuire quanto questo stato di cose pesi sulla qualità dell’integrazione nelle classi in cui siano presenti dei bambini disabili. In queste infatti la continuità didattica non può considerarsi un lusso ma un requisito indispensabile ma purtroppo anche questa banale considerazione non trova nei palazzi della politica la sensibilità e le risorse economiche che l’argomento richiederebbe.
In tale contesto non impressiona la perdurante assenza di interventi volti all’abbattimento delle barriere architettoniche che negli edifici scolastici italiani sono presenti per oltre il 70% di essi.
Non dovrebbe sfuggire al lettore che persino l’annunciato piano di interventi di consolidamento antisismico delle scuole italiane che sembrava indispensabile all’indomani del terremoto in Abruzzo al momento abbia ceduto il passo ad altre priorità come il G8 della Maddalena o l’indispensabile ponte sullo stretto di Messina(!).
Evidentemente questa classe politica è largamente rappresentativa di un paese che sembra ormai avere smarrito quella tensione ideale che aveva postulato, primi nel mondo occidentale, per gli alunni disabili la straordinaria necessità della scuola dell’integrazione.
Nel frattempo, affianco ai bambini disabili ed ai loro familiari, sono schierati i giudici della Corte Costituzionale e dei Tar di tutte le regioni italiane che ripetutamente intervengono con ordinanze a favore dell’integrazione scolastica.
E’ poco ma è sufficiente per sperare che sarà forse possibile risalire la china in cui siamo invischiati per la indifferenza di questa miserevole classe politica.
Antonio Nocchetti