La favola della scuola lombarda
La Repubblica – 22/04/2010
Ora che il ministro Gelmini ed il governatore della Lombardia Formigoni appaiono intenzionati a varare una nuova modalità di reclutamento degli insegnanti, che solleva aspre critiche da più parti, appaiono indispensabili alcune considerazioni.
La premessa doverosa riguarda tuttavia l’obiettivo che si intende perseguire; è doveroso ammettere che, tra i piccoli e grandi problemi che rendono il nostro sistema scolastico pubblico fragile, quello della continuità didattica è un aspetto cruciale.
La continuità didattica rappresenta, nei diversi livelli di istruzione, una formidabile possibilità di crescita culturale e pedagogica per gli alunni.
Basti pensare alla delicatezza del ruolo dell’insegnante nella scuola primaria nello stabilire relazioni con i propri alunni nelle diverse fasi dello sviluppo psico-motorio o alla necessità, nei gradi superiori di istruzione, di avere interlocutori costanti.
La continuità didattica dovrebbe essere un requisito essenziale all’interno della scuola dell’integrazione per gli alunni disabili, costantemente alla ricerca di rapporti affettivi solidi e per gli alunni immigrati che “ricevono” da una scuola ben strutturata una idea di società organizzata.
Se l’intento del ministro Gelmini e di Formigoni è restituire centralità all’alunno nel sistema scolastico ci troveremmo al cospetto di una vera rivoluzione copernicana che potrebbe trovare resistenze solo in qualche residuale rappresentanza sindacale, purtroppo temiamo che dietro il paravento della ripresa di efficienza e della pretesa di qualità si nascondano ben altri obiettivi.
A supporto delle considerazioni che seguono vi è un interessante studio condotto dalla “Fondazione Giovanni Agnelli” pubblicato qualche mese fa che si propone di valutare la mobilità del corpo docente della scuola pubblica italiana.
Dall’analisi del turnover di essi il primo dato che emerge è che degli 852000 insegnanti impiegati nell’anno scolastico 2008-09 ben 209000 hanno cambiato sede rispetto all’anno precedente determinando una discontinuità didattica pari al 25%.
Questo dato pone un problema inequivocabile ma se approfondiamo l’analisi dei dati le sorprese non mancano. Gli insegnanti di ruolo, gli unici per i quali il trasferimento è volontario, sono in numero di 91000 in quanto gli altri insegnanti sono rappresentati da assunzioni a tempo determinato nuove o provenienti dalle graduatorie.
Più in dettaglio modifica le nostre convinzioni e quelle di chi ritiene all’origine della mancanza di continuità didattica il flusso migratorio di insegnanti in movimento dal sud al nord e viceversa la scoperta del dato sul totale delle domande di trasferimento. Nell’anno scolastico 2009-10 su 121000 docenti di ruolo che ne hanno fatto richiesta solo 8200 (il 6,7% circa) hanno optato per una altra regione e di questi appena 3000 (il 2,5% circa) lo hanno richiesto da una regione del nord ad una del sud ottenendolo solo in 691 (lo 0,6% circa).
A dimostrare, caso mai ce ne fosse ancora bisogno, che la causa della discontinuità didattica non sia da attribuire ai professori meridionali è sempre l’analisi dei movimenti migratori che avvengono circa nel 94% dei casi all’interno della stessa regione (come accade in Veneto, Lombardia e Piemonte).
Alla luce di questi risultati che la acuta analisi della Fondazione Agnelli propone occorre probabilmente prendere atto che dietro la pretesa di blindare nelle regioni del nord le graduatorie impedendovi l’accesso a tutti i cittadini italiani non residenti si evidenzia un orribile volontà di esclusione.
Non giova alla soluzione del problema neanche una posizione di difesa pura dell’esistente in quanto, come abbiamo dimostrato è soprattutto un diritto degli alunni avere insegnanti stabili e non “ballerini”. Forse se i sindacati della scuola iniziassero a riconoscere la necessità di garantire agli alunni almeno l’intero ciclo scolastico di permanenza degli insegnanti la ipocrisia razzista dei propugnatori delle graduatorie regionali sarebbe evidente a tutti. E nessuno potrebbe raccontare la favola della qualità e del merito degli insegnanti lombardi…
Antonio Nocchetti