la Repubblica – 05/05/2004

Cosa accade nella scuola per i bambini disabili? Non è una domanda retorica. Ce la siamo posti, come “Coordinamento genitori-insegnanti” di Napoli, vedendo ridotte all’osso, nelle nostre scuole, le ore in cui i piccoli disabili sono aiutati dagli insegnanti di sostegno. Abbiamo visto gli alunni handicappati abbandonati a se stessi, o nel migliore dei casi, arrampicarsi sugli specchi per tener dietro alle attività dei loro compagni normodotati. Abbiamo visto un valzer di insegnanti a loro destinati, li abbiamo visti del tutto sprovvisti di strumenti didattici specifici o impossibilitati a usarli. Li abbiamo visto regredire, o nella migliore delle ipotesi non fare progressi. Ci siamo chiesti il perchè di tutto questo.

Dal 1977, anno di entrata in vigore della legge sull’integrazione scolastica, nel nostro Paese abbiamo assistito a un aumento progressivo del numero d’alunni disabili giunti nell’anno scolastico 2003-2004 a 152.069 unità (dati MIUR) e a una progressiva riduzione del rapporto alunni cosidetti normali-alunni disabili che è oggi pari a un valore di 50.55.

In questo contesto demografico, appaiono a dir poco singolari le scelte economiche di fondo che al riguardo sono state assunte negli ultimi due anni dal governo. A fonte di una crescente e più qualificata domanda di integrazione degli alunni disabili-che negli anni precedenti all’attuale governo avevano visto determinare alcune scelte essenziali, quali l’immissione in ruolo di insegnanti di sostegno, la definizione e il finanziamento della legge sull’autonomia scolastica-oggi siamo di fronte a un quadro profondamente mutato. Ricorriamo all’aridità dei numeri per rendere quanto accade : il finanziamento pro-capite per alunno disabile passa dal valore di 145.22 euro nel 2001 al valore di 79.59 euro nel 2003, con una riduzione del 50%; i sussidi didattici e tecnologici finanziati nel 2001 con oltre 4 milioni di euro oggi sono stati ridotti a 0; i finanziamenti ai POF(Piani di offerta formativa) sono ridotti, dal 2001 al 2003, del 30%.

Non sfugge l’importanza di questo dato che è conferma della sempre più ridotta autonomia della scuola pubblica, e che è sensibilmente peggiorato dal vincolo di spesa del 40 per cento circa che le singole scuole hanno già impegnato nel prossimo esercizio finanziario verso l’area informatica: ciò significa che la tanto decantata svolta verso l’informatica avviene non con aumenti degli invenstimenti ma con tagli ad altre attività (per esempio alla specializzazione degli insegnanti di sostegno attraverso corsi autofinanziati dalle scuole); riduzione dell’organico degli insegnanti di sostegno di diritto (che fino al 2000 era costantemente aumentato) e aumento dell’organico precario, che era, di converso, costantemente diminuito. Quest’ultima scelta rende l’integrazione del bambino disabile, attraverso il cambio continuo degli insegnanti, molto ardua se non addirittura impossibile.

E’ da queste considerazioni che, all’inizio dell’anno scolastico in corso, abbiamo scelto come genitori del 16° Circolo didattico di Napoli di richiedere per i bambini disabili della nostra scuola maggiori attenzioni. A seguito di un ingiustificato taglio del numero di insegnanti di sostegno per bambini con patologie gravi abbiamo prima interpellato l’Ufficio Scolastico regionale e, successivamente, riottenuto, a seguito di un’ispezione tecnica, gli insegnanti inopinatamente negatici. Questo significativo ma isolato risultato ha attivato, in collegamento con oltre 20 scuole cittadine, una rete di rapporti che ci vede impegnati nell’apertura di un sito denominato www.tuttiascuola.org, poi allo studio dei loro figli.

Abbiamo scelto con chiarezza da che parte stare, siamo semplicemente ma senza ambiguità, dalla parte dei nostri bambini, quelli normali e quelli disabili. Rimaniamo convinti, e rivolgiamo un appello alla coscienza di tutti i parlamentari, che la legge sull’integrazione scolastica vada difesa, sostenuta e non, come sta accadendo, svuotata da ogni risorsa. Siamo certi che occorra ripensare alle scelte operate per i bambini disabili nella scuola italiana. Forse si potrebbe fare partendo dalla riduzione delle spese che il MIUR ha destinato alla pubblicazione di opuscoli pubblicitari per la divulgazione della legge delega (più 120% negli ultimi 2anni). Oppure ripensando alla politica del ministro delle Comunicazioni in ordine al contributo dello Stato di 10 milioni di euro per l’acquisto dei decoder. Un decoder vale più di un bambino?