La Repubblica – 19/11/2009

Chissà se qualcuno avrà raccontato al ministro Gelmini la storia del piccolo Davide. Davide ha quasi 5 anni e frequenta l’asilo in una scuola pubblica di un quartiere borghese di Napoli. Davide non ha ancora imparato a essere autosufficiente come i suoi coetanei perché è un bambino down. Nella sua scuola ci sono altri bambini disabili che, come lui, hanno bisogno di essere aiutati ad andare in bagno o a mangiare una merenda. Purtroppo per molti giorni nella loro scuola nessuno si è reso disponibile ad accompagnare al bagno lui e gli altri bambini disabili che sono stati costretti a trascorrere il tempo con i pantaloni inzuppati di pipì finché non facevano ritorno a casa. Quello che ci interessa stabilire è definire cosa sta accadendo nella scuola per i bambini disabili e se quello che è avvenuto a Napoli è un terribile, casuale, evento o piuttosto un segnale inquietante di un rapporto che si sta progressivamente incrinando. Al ministro Gelmini bisognerebbe chiedere se è finalmente arrivato il momento di definire ruoli e competenze dei collaboratori scolastici che furbescamente si nascondono dietro il paravento di corsi di formazione facoltativi che consentirebbero loro di assistere in modo adeguato ai bisogni primari dei bambini disabili. Forse la geniale intuizione di esternalizzare molti servizi essenziali nella scuola pubblica andrebbe rivista con una severa autocritica da parte di chi aveva ritenuto che le scuole sarebbero state più confortevoli e pulite ricorrendo a risorse esterne. Questa opzione gestionale ha sicuramente generato significativi bacini elettorali per le amministrazioni comunali, che hanno utilizzato questa facoltà per costruire carrozzoni evanescenti e inefficienti senza produrre mai i risultati auspicati. Napoli purtroppo non è sfuggita a questa dissennata gestione del bene pubblico con la creazione di “Napoli sociale s.p.a.”, agenzia ormai tristemente nota ai disabilie ai loro familiari per le continue interruzioni dei servizi prestati nel trasporto e/o nell’ assistenza scolastica. Chiunque comprende come la responsabilità del governo si dovrebbe concretizzare attraverso l’ attivazione di un efficiente servizio “interno” alla scuola riducendo al contempo i costi della spesa pubblica per queste esternalizzazioni. Se il ministro Gelmini avesse la capacità e la volontà politica adeguata al ruolo che riveste forse dovrebbe convocare le parti sociali e stabilire chi, che cosa e quanto corrispondere per tali mansioni. Domani contemporaneamente in nove città d’ Italia, dal Piemonte alla Sicilia, decine di associazioni di genitori e insegnanti manifesteranno dinanzi ai provveditorati per dire che la scuola dell’ integrazione per i disabili va difesa strenuamente. Un ulteriore spunto alla nostra riflessione proviene dai dati provvisori dell’ assessorato all’ Istruzione della Regione Campania che rilevano oltre 900 classi nella nostra regione formate in modo illegittimo in quanto composte da oltre 25 alunni con 3, 4 o addirittura 5 alunni disabili al loro interno. Sea questo aggiungiamoi risultati provenienti dal centro studi della associazione “Tutti a scuola” che evidenziano, nella sola Campania, il ricorso di oltre 300 famiglie al tribunale amministrativo regionale per ottenere un adeguato sostegno scolastico specializzato, il quadro che va delineandosi risulta sempre più fosco. È probabile quindi che l’ episodio triste e miserevole della scuola napoletana vada riletto all’ interno di un contesto in cui per gli alunni disabili l’ inclusione scolastica sta diventando sempre più un obiettivo lontano e faticoso da raggiungere.

ANTONIO NOCCHETTI