la Repubblica – 08/07/2008

La scuola dell’integrazione non è un esercizio lessicale e nemmeno argomento per rafforzare ideologie travolte dalla storia. La scuola dell’integrazione è un percorso condiviso che vede impegnati tutte le componenti della scuola e del tessuto sociale.
La scuola dell’integrazione è la ricerca di inclusione anche per chi ha difficoltà in apparenza insormontabili di tipo psico-fisico.
La scuola dell’integrazione è una magnifica conquista sociale del nostro paese che andrebbe difesa, sostenuta e portata ad esempio in un periodo così difficile anche a causa degli imponenti fenomeni migratori .
Cosa accade e cosa accadrà al modello di scuola che ci vide, primi in Europa oltre 30 anni fa, abolire le classi differenziali, è una domanda da porsi con serietà e da rivolgere al nuovo ministro della istruzione in questo iniziale scorcio di legislatura.
E’ necessario tuttavia sgombrare il campo degli equivoci ed affermare che la disabilità nella scuola non può essere considerata un costo “puro”.
Se la premessa culturale è questa temiamo che il governo Berlusconi completerà il suo cammino liquidando, al termine dei 5 anni, tutta la esperienza della scuola della integrazione.
Vorremmo essere smentiti ma il decreto legge 112 di qualche giorno fa è perfettamente nel solco delle iniziative intraprese dal tandem Padoa Schioppa – Fioroni con l’aggravante che il ministro Gelmini vede addirittura “commissariato” il suo dicastero dal plenipotenziario Tremonti.
Debole appare la considerazione sullo stato dei conti pubblici da raddrizzare a spese di tutti i ministeri perché queste affermazioni devono assolutamente essere calate nella realtà.
Appare evidente a chiunque la pletora di dipendenti se si mette piede in un ufficio del nostro paese ed è sotto gli occhi di ogni amministratore pubblico l’assenteismo e la ridondante presenza di impiegati muniti di permessi familiari da legge 104. Come dimenticare in questo mare di sprechi le oscene consulenze fornite a professionisti esterni dalle amministrazioni o i costi delle rappresentanze sindacali che più che rappresentare qualcuno sono delle autoreferenziali condizioni di privilegio.
Quando si ragiona sulla opportunità di ridare ossigeno alla nostra economia e si conclude elencando la cifra della riduzione degli organici nella scuola si commette un errore madornale, quello di smettere di sperare nel futuro del nostro paese.
Quando la scuola diventa un “servizio” come sostiene il ministro Gelmini si perdono i riferimenti essenziali per dare una prospettiva alle giovani generazioni. Non abbiamo pregiudiziali ideologiche ma se si vuole parlare in modo condiviso di scuola bisogna trovare argomenti condivisibili.
Proviamo a fornire al ministro qualche spunto di riflessione:
1) le scuole a tempo pieno italiane forniscono risposte adeguate agli standard europei (indagine PISA)
2) le scuole a tempo pieno sono in larga maggioranza presenti al nord ed al centro
3) le scuole a tempo pieno occupano circa 70000 insegnanti in più
4) la scuola pubblica italiana arruola circa 90000 insegnanti di sostegno a fronte di oltre 180000 alunni disabili (le scuole paritarie ne accolgono il 5% appena)
5) la scuola italiana arruola circa 20000 insegnanti di religione cattolica
6) la scuola italiana investe per la formazione degli insegnanti curricolari e di sostegno il costo equivalente ad un cappuccino per alunno disabile al mese (!)
Sarebbe utile fare scelte “condivise” nell’interesse dei beneficiari del sistema istruzione e forse sarebbe addirittura una rivoluzione copernicana affermare e praticare la centralità dell’alunno nella scuola. Se in questa visione i bambini disabili saranno divenuti un costo insopportabile nel paese del ponte sullo stretto di Messina bisognerà trovare il coraggio, siamo certi che non mancherà ai ministri Tremonti-Gelmini, di raccontarlo ai genitori dei bambini disabili.