la Repubblica – 26/09/2008

Ci sarà qualcuno disposto a raccontare con chiarezza cosa accadrà nella scuola pubblica dal prossimo anno?
Se provassimo a comprendere il brusio che ha accolto il decreto legge sulla scuola del 1 settembre dovremmo preliminarmente fare una considerazione. Il ministro Gelmini ha semplicemente approvato le scelte strategiche che il suo predecessore Fioroni aveva assunto nell’ultima manovra finanziaria del governo Prodi.
Il ministro Gelmini ha trovato coerenti alle necessità del Paese quanto chiaramente delineato nel documento interministeriale denominato “rapporto intermedio sulla revisione della spesa pubblica” messo a punto dal governo di centro sinistra nel dicembre 2007.
Questi sono, banalmente, i fatti.
Questo è il motivo del sommesso brusio proveniente dalle file dei rappresentanti politici di centro sinistra. Per i lettori più attenti si potrebbe aggiungere che i tagli alle risorse ( umane, economiche ) voluti da Berlusconi per la scuola sono più profondi di quelli posti in essere da Prodi ma questo non muterebbe il giudizio di fondo.
Tutta la vicenda dei cosiddetti tagli si svolge in un contesto che assimila il diritto istruzione al costo istruzione ( si può dire alla“merce”istruzione ?). In tale quadro allora si comprende perché, stravolgendo le priorità di un Paese, si arrivi a considerare la scuola un’azienda e non il più irrinunciabile e straordinario momento di crescita di una comunità civile.
In tale contesto si può allegramente dimenticare che una priorità assoluta per l’Italia sarebbe rafforzare quanto di buono esiste nel suo sistema educativo ( leggasi scuola primaria ), implementare il tempo scuola negli ordini di scuola e nelle regioni del Paese che ne sono sprovvisti e adeguare i salari degli insegnanti a livelli dignitosi.
Perché sorprendersi allora se il governo ritiene legittimo affrontare il “sistema scuola” con gli stessi strumenti ideologici di come affronterebbe quello di una grande azienda .
E’ superfluo ricordare quanto sia auspicabile ridurre senza esitazione gli intollerabili sprechi della pubblica amministrazione e potrebbe essere motivo di riflessione per la vecchia maggioranza che un ministro di centro destra come lo zelante professor Brunetta abbia interpretato così appieno il desiderio degli italiani di smuovere i “fannulloni”dalle loro tane.
Tutto questo continua, ahimè , a non rappresentare il “problema scuola”che dovrebbe essere posto come pregiudiziale politica in un paese che voglia seriamente ricominciare a crescere nelle sue generazioni più giovani.
Giova ricordare durante l’ultima campagna elettorale la totale assenza di dibattito sulla stessa salvo poi accorgersi che dietro l’angolo ci sarebbero stati la drammatica sequela di tagli annunciati in questi giorni. Forse perché i tagli li aveva già posti in essere il governo Prodi.
E’ così arduo sperare di veder nascere una forza politica che dica poche elementari cose, che racconti agli italiani che se è intollerabile che esistono più bidelli che forze dell’ordine è parimenti intollerabile che l’Italia decida di aumentare di oltre il 20% le spese per l’acquisto di armi ad alta tecnologia ( eufemismo per rappresentare strumenti di morte costosissimi ) come i due sommergibili da 900 milioni di euro per l’anno 2008.
E’ cosi arduo sperare di veder nascere una forza politica che, prima di ridurre il bilancio della scuola pubblica, chieda che si aboliscano gli oltre 750 milioni di euro destinati alle scuole paritarie ?
E’ così arduo dire che prima, le priorità appunto , di mettere in liquidazione migliaia di insegnanti, si sarebbe potuto fare cassa abolendo le provincie , riducendo gli stipendi ai parlamentari, elevando la tassazione sulle rendite finanziarie, aumentando la tassazione sulla pubblicità, eccetera , eccetera.

In un paese che avesse avuto a cuore il “suo”sistema di istruzione questo sarebbe stato motivo di discussione ed anche di divisione tra le forze politiche. La questione sarebbe stata posta nella sua interezza, non isolando il bilancio dell’istruzione dal resto del bilancio dello stato come una qualsiasi voce di spesa.
Perché non è accaduto durante il governo Prodi è una domanda che lasciamo senza risposta, sorprendente sarebbe ora che il ministro Gelmini, dopo avere già dichiarato al convegno di Comunione e Liberazione il suo intento di abolire il valore legale del titolo di studio e di voler trasformare le scuole in fondazioni, prendesse in considerazione queste riflessioni.
Invece il ministro conosce bene la storiella della improduttività della pubblica amministrazione e conosce i sondaggi sul gradimento del suo governo . Purtroppo il ministro sa , lo ha più volte ripetuto , che lei ha solo preso atto del lavoro iniziato dal ministro Padoa Schioppa e assunto le decisioni conseguenti. Purtroppo il ministro sa , per esempio, che gli insegnanti di sostegno li ha iniziati a falcidiare Fioroni, che degli alunni immigrati se ne è già disinteressato il suo predecessore e che i sindacati sono visti dalla maggioranza degli italiani come belzebù.
Tutto quello che accade adesso era già scritto, bastava che qualcuno si fosse preoccupato, tra una visita ad un gran premio ed una comparsa a “porta a porta”, di raccontarlo agli italiani.
Purtroppo , questa volta, a pagarne le conseguenze, saranno i milioni di studenti della scuola pubblica italiana, almeno finché questa continuerà ad esistere.
Antonio Nocchetti