la Repubblica – 11 marzo 2012

Può accadere che un giovane di diciannove anni decida di levarsi la vita, è accaduto molte volte e purtroppo accadrà ancora. Può accadere che una commissione medica decida di considerare un bambino autistico improvvisamente guarito e quindi non più bisognoso di indennità di accompagnamento. Può accadere che il più importante ente di previdenza sociale italiano, a fronte di un progetto di costruzione di una anagrafe cittadina dei disabili a costo zero per la pubblica amministrazione, esprima la sua indisponibilità. Può accadere che una mamma tra le lacrime racconti che la sua bambina disabile torna da scuola con lesioni sul corpo e che i suoi compagni sono disposti a testimoniare che quella maestra più volte le afferra i capelli e la brutalizza. Può accadere che da oltre diciotto mesi una associazione di genitori di disabili chieda, inascoltata, alla Chiesa napoletana di organizzare incontri nelle parrocchie per affiancare le famiglie dei disabili. Tutte queste vicende hanno un comune denominatore nella disabilità, nel dramma del sentirsi diverso e lontano da tutti come nella prima storia e nella angoscia di sprofondare nella solitudine come negli altri esempi. A completamento di queste storie tristi la indifferenza della pubblica amministrazione con il diniego a voler realizzare, primi in Italia, una anagrafe della disabilità. Eppure il Comune di Napoli, la Università Federico II e la associazione “tutti a scuola” insieme avevano preparato un progetto che sarebbe poi servito a tanti amministratori locali in tutto il Paese. Perché stupirsi e perché considerare simili i fatti che ho appena narrato è una domanda alla quale ci piacerebbe rispondessero in tanti. Potrebbero rispondere i dirigenti nazionali di quell’ ente previdenziale invece di nascondersi dietro leggi sulla privacy che nessuno avrebbe mai violato. Forse potrebbe trovare il tempo di rispondere anche la Chiesa di Napoli visto che diversi suoi alti rappresentanti sono stati, a oggi, invano coinvolti nel progetto “mio figlio è disabile” che la associazione “tutti a scuola” proponeva. Gli unici che non troveranno il tempo e la forza per rispondere saranno quello splendido ragazzo napoletano che ha ceduto alla solitudine e quelle famiglie che cercano una risposte di fronte a tanta indifferente violenza. Perché la indifferenza nei confronti dei disabili è una forma di violenza mascherata e pertanto ancora più odiosa. Da qualunque parte provenga.

Antonio Nocchetti toni@tuttiascuola.org