la ringrazio per aver sollevato nuovamente l’attenzione dei lettori accogliendo l’articolo a firma di Francesco Buccino sulla condizione degli alunni disabili nella scuola italiana.
Vorrei aggiungere qualche considerazione anche perchè il contesto politico nazionale potrebbe orientarsi, con un governo di così ampie e diverse anime culturali, verso una diversa definizione del rapporto tra la scuola e la disabilità.
La dolorosa analisi del preside Buccino mostra chiaramente quanto ci sia ancora da fare per realizzare quella formidabile “utopia” della scuola dell’integrazione dei disabili.
In questi anni gli interventi continui di riduzione dell’offerta formativa per gli alunni in generale e per i disabili in particolare hanno determinato la esplosione di un fenomeno che continua ad essere negato nella sua evidenza.
I numeri  sono però esplicativi ed allora come interpretare gli oltre 20.000 ricorsi individuali  ai Tar di quasi  tutte le regioni italiane  vinti da altrettante famiglie con figli disabili e come ancora la diffusione dei ricorsi collettivi che hanno ripristinato  in corso d’anno  i tagli feroci delle ore di sostegno ?
Questo è lo stato dell’arte.
Con tale situazione oltre 225.000 alunni disabili  della scuola pubblica si confronteranno da settembre.
Dal basso della nostra esperienza associativa ( il termine basso è usato a proposito) in questi dieci anni abbiamo incontrato migliaia, sottolineo migliaia, di genitori che chiedono imploranti alla scuola di “fare” la scuola.
Qualcuno meno implorante ha dovuto rimboccarsi le maniche più di quanto non lo facesse già con un figlio disabile a casa ed ha iniziato a credere che i diritti si esigono e non si implorano.
So che non è  bene che esista la associazione “tutti a scuola” .
So che in un paese normale la associazione che presiedo  non dovrebbe esistere ma tanto è.
Avverto tuttavia una distanza a volte incolmabile tra i discorsi sulla scuola dell’integrazione svolti dagli addetti ai lavori ed i bambini disabili.
Anche questo non è un bene perchè la idea della scuola dell’inclusione dovrebbe  essere condivisa da tutte le componenti della società, non solo dalle mamme e dai papà di un bambino disabile.
Questa idea di una scuola di tutti ha formato la cultura del nostro Paese prima della decadenza alla quale assistiamo da anni e a questi principi si è sempre ispirata la nostra azione.
In questi anni le uniche risposte che la politica ha dato alla richiesta di “scuola” che proviene dalle famiglie dei disabili sono state evanescenti consigli  sull’opportunità di accogliere gli alunni disabili nelle classi.
Ormai il sito del MIUR è lastricato  da buoni propositi che prima la Moratti, poi Fioroni e la Gelmini da ultima hanno propinato agli uffici scolastici regionali e ai dirigenti scolastici di tutta Italia.
Appunto , buoni propositi.
Quando gli strateghi della pedagogia  dei governi di centro-destra hanno  tirato fuori qualche idea   hanno  parlato di scuole polo nelle quali raccogliere i disabili (!) e le competenze professionali (!).
Quello che sconforta chi prova, con enormi limiti ma consapevole modestia, a suggerire soluzioni che tendano a migliorare la qualità della scuola dell’integrazione è la non conoscenza .
Non ci interessa attribuire responsabilità agli ultimi  ministri tecnici, auspichiamo sempre   che si mostrino competenti e determinati .
Fino a quando questo non avverrà ci sarà sempre una irriducibile testimonianza di genitori che invocheranno in tutte le sedi, piazze e tribunali inclusi, attenzione per i loro figli disabili.

Antonio Nocchetti